RASSEGNA STAMPA

LIBERAZIONE - La ricetta del governo: reprimere

Roma, 20 maggio 2009

La ricetta del governo: reprimere

Vittorio Agnoletto

Che sia l'Onda, Acerra, la Val Susa, Chiaiano, i No Dal Molin poco importa. Per il governo di centrodestra, chi prova a esprimere un qualsiasi tipo di dissenso verso l'operato dell'esecutivo riceve una sola risposta: repressione. Ne hanno fatto le spese, protestando contro il G8 dell'università, i giovani scesi in piazza a Torino ieri e nei giorni scorsi contro l'ennesimo inutile vertice. Come a Genova, gli scontri hanno pressoché oscurato, sui mezzi di comunicazione, i contenuti della protesta: il vertice dei rettori di alcune università «di serie A», amiche del G8, esprime una visione della formazione totalmente subalterna alle esigenze delle multinazionali. Le stesse università dovrebbero, secondo l'agenda dettata dall'Organizzazione Mondiale del Commercio, trasformarsi in aziende da collocare sul mercato; mentre noi pensiamo che la cultura dev'essere soprattutto ricerca e sviluppo della capacità critica. E l'unico vero "sequestro" non è quello che ha subito il rettore Pelizzetti, quanto piuttosto la vergognosa serrata di Palazzo Nuovo.
Ma la militarizzazione e la violenza sono l'unico linguaggio che il premier e i suoi capiscono: le cariche nel capoluogo piemontese rientrano in questa logica. Il legame con Genova è palese: i responsabili della repressione di allora sono ancora ai vertici della polizia, come Spartaco Mortola, ex capo della Digos di Genova, imputato nel processo per la Diaz, che oggi è vice questore proprio a Torino. D'altra parte, parliamo di un diritto costituzionale a manifestare che viene sistematicamente calpestato. Non è un caso che tale logica repressiva si stia acutizzando proprio in un momento di crisi economica e salariale così grave, soprattutto per i ceti popolari. Di fronte al rischio che monti la protesta sociale, il governo tratta da delinquenti chi difende il diritto al lavoro, al sapere e a un ambiente sano: sono criminali o terroristi o al massimo guerriglieri, come sostiene l'ineffabile ministro Brunetta. Secondo il centrodestra la crisi è ormai alle spalle, la perdita dei posti di lavoro è un'invenzione della sinistra, gli italiani devono solo gioire per lo scampato pericolo e ringraziare il presidente/salvatore della patria.
Per i paladini della «libertà», l'unica libertà possibile è quella che ciascuno si faccia i fatti suoi e al massimo scarichi le proprie frustrazioni su qualche migrante. Noi continuiamo invece a pensare che la dialettica sociale sia il sale della democrazia e che la ricostruzione di un ampio fronte del lavoro, dei diritti civili e della sicurezza sociale, capace di far sentire la propria voce con forza e coerenza, sia oggi la priorità. Perché, come disse Benjamin Franklin, «chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà, né la sicurezza».